martedì 31 luglio 2012

Un affare di Baffi

Cosa rende un uomo grande?
Cosa fa sì che i posteri si ricordino di lui, lo prendano ad esempio e la sua storia sia tramandata alle generazioni future?

Forse il carisma, il talento, l’audacia, il coraggio e l’impegno.

O forse un gran paio di indimenticabili Baffoni.

Perché diciamolo, cosa sarebbe Nietzsche senza quei suoi mustacchioni pronti a far saltare in aria il mondo?

Frank Zappa e Freddy Mercury sarebbero ben poca cosa, strimpellatori anonimi in un oceano di musicisti se non avessero avuto quella folta peluria che così tanto li ha impressi nella nostra mente.

E come farebbe Giorgio Vanni a cantare la sigla dei Pokemon in un modo così coinvolgente senza i suoi tipici Baffetti? Provate soltanto ad immaginarlo, sarebbe come rispedirlo a cantare “Sai cosa sento per te” a Sanremo.
E fidatevi, l’umanità ne ha avuto abbastanza la prima volta.

E Nikola Tesla, che dire di lui? Il malvagio Thomas Senzabaffi Edison passò la sua intera vita a sabotarlo, geloso dei due grandi tesori dell’altro: un talento mai visto prima e l’amore di un piccione sparalaser.
Entrambi naturalmente dovuti ai Baffi.

In matematica i Baffi, indicati con la notazione “Baφ” sono una celebre soluzione delle Equazioni Differenziali Baffiche, sviluppate da Bernoulli nella seconda metà del ‘700.
Newton e Leibniz con i loro Baffi infinitesimali non hanno potuto contribuire un granchè alla teoria generale dei Baffi e l’unica cosa che sono riusciti a combinare è definire il “limite che tende a Baffo”.

La Baff-science però non si fermò e continuò a svilupparsi senza freni.
Fu segnata da altri Baffi illustri, fin quando un Baffuto di nome Alberto Unapietra introdusse nel 1905 e nel 1916 il concetto di Relatività Baffica e Bafficità Generale, in cui affermava che il ritmo di crescita dei Baffi fosse condizionato dalla forza gravitazionale dei corpi, e che un Baffo in movimento tendesse ad apparire più corto rispetto ad un Baffo fermo rispetto all’osservatore.

L’estetica dei Baffi ha anche avuto un ruolo cruciale nella pittura (si pensi a Salvador Dalì e alla Monnalisa baffuta di Duchamp) e nel mondo dei fumetti.

Perchè secondo voi Tony Stark è un personaggio così carismatico?
Perchè è un genio, miliardario, playboy, filantropo?
Mafatecilpiacere.
Provate a immaginarlo senza Baffi!

Da grandi poteri derivano grandi Baffi.
Lo diceva anche Buffy.

Che autorità avrebbe J. Jonah Jameson sulla sua sfruttatissima segretaria senza i suoi minacciosi baffacci?

O ancora, in Dragon Ball.
Vogliamo parlare di Mr Satan? Il maestro Muten? Il killer Tai Pai? Il nonno Gohan?
E poi diciamolo.
Si possono scordare chi erano i semifinalisti del 23° torneo Tenkaichi.
Si può scordare la prima volta in cui Goku si trasforma in super saiyan.
Si può scordare l’intera saga di Cell.
Ma non si può dimenticare la puntata in cui Vegeta si fa crescere i baffi.
È una cosa che ti segna per sempre.

Ricchezza, fama e Baffi.
Solo un uomo aveva conquistato tutto questo!
Sicuramente il tesoro che Gol D. Roger ha lasciato ai posteri sotto il nome di One Piece sono un paio di giganteschi Baffi.

Ormai inizierà ad essere chiaro anche a voi, discepoli ancora inesperti dei Baffi, che il baffetto tattico è qualcosa di molto più rilevante che semplici ornamenti quali occhi, orecchie, naso e bocca.

I Baffi sono uno strumento estremamente potente e di conseguenza anche pericoloso.
Potrebbero prendere il sopravvento sulla volontà del loro portatore, come l’Unico Anello.
E’ il caso di Stalin, Saddam, Hitler e D’Alema che vennero soggiogati dalla smania di potere indotta dai loro stessi Baffi.
Poveri sciocchi!

E cosa dire invece dei Baffi Buffi?
E’ il caso di Charlie Chaplin e Groucho Marx, che con il loro studiato look baffico hanno saputo e ancora sanno far ridere di gusto.

Quello che stiamo cercando di farvi capire è che il Baffo rende liberi!
Guy Fawkes lo sapeva bene.
Tutto sta nel raggiungere un determinato Equilibrio Baffico.

Ci piacerebbe trovare una fine degna per questo post, ma se continuassimo a portare esempi di persone con baffi degni di nota scriveremmo talmente tanto che andremmo in Baffer Overflow.

Vi salutiamo dunque,
che il Grande Baffo sia sempre con voi!

Lengah & Boulayo

sabato 28 luglio 2012

La pietra azzurra di Schrödinger

Dopo tanto tempo su Polo Nerd c’è un post scritto a 3 mani.
Sì, 3.
Ognuno di noi tiene una mano legata dietro la schiena come gli schermidori ed Evariste Galois negli ultimi minuti della sua vita.
O perlomeno quello era il progetto originario.
Poi ci siamo resi conto che una condizione del genere era estremamente inefficiente a causa del tempo impiegato nella stesura del testo con la tastiera del computer.
Allora abbiamo implementato un’agile soluzione per ottimizzare la procedura:
Lengah terrà entrambe le mani legate dietro la schiena, così uno a sorte tra Sirva e Boulayo avrà entrambe le mani libere per scrivere (nel frattempo Lengah potrà benissimo scrivere col naso se lo riterrà necessario).

Paradossi.

La nostra passione.
No, non sono quelli che vi evitano i colpi alla macchina quando andate troppo veloci su quelle dunette artificiali.
Son quei simpatici giochini sadici del tipo: “Risponderai no a questa domanda?”
Jigsaw in persona sarebbe estasiato da questi problemi che a volte presentano vie di fuga semplici ma poco scelte (rispondere “forse” alla domanda precedente).

Ma qua siamo alle prese con un paradosso di tutt’altro calibro, uno dalle dimensioni così enormi che nessun enigmista della storia potrà mai riprodurre.
Avete presente il noto anime “Fushigi no umi no Nadia” (Nadia dei mari misteriosi), tradotto in inglese con “The secret of Blue Water” (Il segreto del cesso blu) e successivamente riadattato in italiano in “Il mistero della pietra azzurra”?
Nella storia la protagonista ha una pietra che brilla quando un pericolo minaccia la sua portatrice.
Ciò funziona solo in presenza a Nadia stessa ma non si è capito bene se è in rapporto all’inverso del quadrato della distanza da lei (ma questo non è un problema che ci riguarda in questa sede).

Il paradosso è il seguente: se l’autoluminescenza della pietra stessa in qualche modo fosse la causa di un possibile pericolo per la vita di Nadia, essa farebbe luce o no?

Per esempio:
Immaginate che in una scatola di acciaio vi sia rinchiusa Nadia assieme a questa macchina infernale  (che occorre proteggere dalla possibilità d’essere manomessa direttamente da Nadia). Vicino ad un contatore Geiger si trova una piccola quantità di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un’ora forse uno dei suoi atomi si disintegrerà con una probabilità leggermente maggiore del 50%. Se l’evento si verifica il contatore lo segnala e aziona il relais di un martelletto che rompe una fiala di cianuro nella sua bocca. Si aggiunga inoltre una cellula fotoelettrica che quando sollecitata da una luce di colore blu attiva sicuramente il meccanismo.
Come reagirebbe l’atlantidea Pietra?

Analizziamo bene la situazione.
All’inizio dell’esperimento tutto è statico.
Come potrebbe una stupida pietra sospettare che un atomo di qualche sostanza sta per avviare un processo di decadimento radioattivo?
Si potrebbe rispondere che la pietra non è poi così stupida in quanto formata da tutte le anime degli atlantidei morti nel passato.
Il principio di indeterminazione di Heisemberg ci dice che anche se la pietra fosse intelligentissima non lo potrebbe sospettare ugualmente.
E poi l’anima non esiste.
La pietra però capisce che la probabilità di fuoriuscita del cianuro è superiore al 50%.
Questo è un pericolo bello e buono, perciò essa si accende e la povera Nadia muore tra atroci dolori.

A pensarci bene anche se la probabilità che il decadimento si avveri è inferiore al 50% Nadia è comunque in una situazione di pericolo.
E’ stata strappata al suo circo e al suo Jean ed infilata in una scatola nera sigillata dopotutto, voi non lo percepireste come un pericolo?
Per non falsare i risultati dell’esperimento mentale facciamo in modo che la scatola stessa non venga percepita come un pericolo, altrimenti tutto il nostro discorso va a farsi friggere!

Mettiamo che al posto della scatola ci sia un piacevole prato fiorito, e al posto della fiala di cianuro un’incudine che compare cadendo dal nulla, senza neanche fare il tipico fischio e che la luce sia diffusa quindi sarà assente la tipica ombra che si allarga (e quindi non può essere percepita prima che compaia, e quindi Nadia non potrà alzare il tipico cartello con su scritto “Ouch.”).

Dopo un ragionamento collegiale siamo arrivati alla conclusione che la pietra, tutto sommato, si accende uguale... e sticazzi di Nadia, alla fine la pietra non è pagata per proteggere Nadia, ma solo per avvertirla. Morisse pure quella principessina sottuttoio, se non sa accettare i buoni avvertimenti della povera ignorata pietra!!!


Ragionandoci su non è poi un granchè come paradosso: la soluzione che permette l’uscita dall’equilibrio è stata trovata fin troppo facilmente.
Proviamo allora a costruire un caso più interessante.

Prendiamo la situazione precedente, con Nadia dentro una scatola di acciaio. Stavolta al relais del martelletto è collegata soltanto la cellula fotoelettrica, che rileva perfettamente e senza ritardi la luce che le arriva, programmata però in questo caso per farlo scattare dopo una soglia di attivazione di 10 secondi di buio ininterrotto.


E’ chiaro la pietra non potrà che illuminarsi appena la scatola verrà chiusa, diventando l’unica fonte di illuminazione.
E’ anche chiaro che essendo la cellula fotoelettrica stata sollecitata, per 10 secondi la scatola sarà il luogo più sicuro del mondo, e quindi la pietra stessa non avrà ragione di essere illuminata, ritornando alla condizione di pericolo precedente, e così via in un ciclo infinito.


Diminuendo la soglia di attivazione del meccanismo mortale a 1 secondo la frequenza delle oscillazioni di luminosità della pietra aumenterebbe.

Diminuendo ancora questa soglia la pietra lampeggerebbe come uno stroboscopio causando probabili attacchi epilettici a Nadia, che finirebbe per mordere la fiala di cianuro, ponendo così fine all’esperimento.

Sarebbe interessante scoprire che succederebbe se si abbassasse la soglia di attivazione a tempi molto bassi, dell’ordine del millisecondo, prendendo in considerazione il fatto che sia la pietra sia la fotocellula abbiano un certo tempo di latenza e che la pietra abbia possa avere una certa inerzia di luminosità.
Per farlo occorrerebbero dei modelli differenziali abbastanza avanzati che non sarebbero certo adatti ad un pubblico di non specialisti come voi!


In attesa di ulteriori sviluppi della ricerca in questo campo vi salutiamo e vi diamo appuntamento alla prossima polonerdata.

Boulayo, Sirva & Lengah